I heard a Fly buzz when I died

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Sentii una Mosca ronzare – mentre morivo –
Il Silenzio nella Stanza
Era come il Silenzio nell’Aria –
Tra Folate di Tempesta –

Gli Occhi intorno – si erano disseccati –
E i Respiri si accumulavano tenaci
Per quell’ultimo Assalto – quando la Regina
Si palesò – nella Stanza –

Feci testamento dei miei Ricordi – Elencai
Quelle parti di me che fossero
Assegnabili – e fu in quel momento
Che si interpose la Mosca –

Con un Azzurro – incerto – zoppicante Ronzio –
Fra la luce – e me –
E allora le Finestre vennero meno – e allora
Non vidi di non poter vedere –

(E. Dickinson 1863)

La mosca, l’insetto che accompagna la nostra quotidianità senza essere ormai più notata, diventa l’ultima sensazione concreta; il suo ronzio è incerto – come le nostre convinzioni sull’immortalità -, zoppicante – come il nostro viaggio verso l’ignoto. E la mosca diventa improvvisamente grande, non più un minuscolo insetto, ma l’ultimo sipario che si chiude.

Avere certezze sembra essere una vera e propria ossessione. Nascono con noi, ci confortano istintivamente ancora prima di comprenderle, e crescono diventando sempre più grandi, irraggiungibili, pretenziose, portandoci spesso a dimenticare ciò che è nostro per diritto di nascita. Si sostituiscono alle nostre priorità, spesso per colpa degli altri, della loro influenza, e quando crollano ci lasciano nudi, senza più un piano d’appoggio per quell’anima che abbiamo smesso di conoscere.

“Non avessi mai visto il sole avrei sopportato l’ombra

ma la luce ha aggiunto al mio deserto una desolazione inaudita.”

Amore, famiglia, salute, amicizie, studio, tutto aggiunge aspettative, reclama certezze; equilibristi sospesi nel vuoto ignari che la rete sia in realtà solo nelle nostre teste, abbandonati nella nostra quotidianità, con l’adrenalina che ad ogni cambiamento, ad ogni anche impercettibile movimento del filo, ci prepara alla lotta o alla fuga, a riempire il vuoto per compensarci, come un corpo che lotta per ritrovare equilibrio dopo l’asportazione di un organo, oppure a crogiolarci nella resa. E’ un meccanismo semplice, reso complicato dalle nostre conquiste, dai pensieri, dalla morale, dalle scelte, da tutto ciò che ci porta ad uno scalino più in alto nella scala evolutiva.

“Baby ballerina’s hiding somewhere in the corner,
where the shadow wraps around her
and our torches cannot find her,
she will stay there ‘til the morning,
crawl behind us as we are yawning,
and she will leave our games to never be the same.”

(Sugarcane, Missy Higgins)

Avete perso? Avete detto addio? Avete amato, ne siete stati certi? Abbiamo paura. Ecco il crollo, l’ignoto, l’adrenalina.

“So run, run fast Sugar Cane.
yeah you’d better run, run fast Sugar Cane.
And she said, “always, be afraid”.
Yeah you should, “always, be afraid”.

Combatti o fuggi?

Posted on 12 novembre '11 by , under Frammenti. No Comments.

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